Ancora poche le elettriche in Italia... Perché? Come si può far sì che aumentino?
No, proprio non ci siamo: in Italia, l’auto elettrica era e resta un fenomeno di nicchia. Esiste qualche flebile segno di risveglio, se si pensa che le vetture a batteria pure circolanti da noi al 31 marzo 2023 sono 183.467, con le immatricolazioni full electric del terzo mese dell’anno in aumento dell’82% a 8170 unità. Tuttavia, siamo fra gli ultimi in Europa: in particolare, i market share di Paesi come Francia e Germania, nell’ordine del 15%, noi ce li sogniamo.
Cosa serve per il decollo delle macchine a corrente nella nostra nazione? Motus-E (associazione per accelerare il cambiamento verso l’elettrico) parla di un’incentivazione più incisiva o una politica fiscale mirata. Le risorse le abbiamo, sono state già stanziate, ma vanno impiegate bene, e questo vale sia per l’ecobonus sia per i fondi PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che riguardano le colonnine a uso pubblico: in ballo ci sono 700 milioni per oltre 21.000 infrastrutture di ricarica da non sprecare. Non solo. Motus-E rammenta come a costo zero sarebbe invece un risoluto intervento politico per sbloccare l’infrastrutturazione di molte tratte autostradali.
L’Unione Case estere (Unrae), a proposito di incentivi, evidenzia che occorre evitare l’increscioso fenomeno degli avanzi come avvenuto nel 2022. Meglio prevedere di conseguenza anche l’allocazione dei fondi residui. Così da aumentare realmente la penetrazione delle vetture a zero o basse emissioni e avvicinare il nostro Paese ai grandi mercati europei.
L’Unrae mette in guardia: i 12 anni che mancano per il 2035, quando l’Unione europea imporrà di vendere solo elettriche, rappresentano due cicli e mezzo di prodotto. Diverse Case hanno già dichiarato che fermeranno la produzione di veicoli endotermici anche prima di quella data. Il problema è che da noi c’è un clima di incertezza, senza una chiara strategia. Il pericolo? Gli altri Stati a fare da locomotiva, noi ad arrancare come ultimi vagoni trainati.
Comunque, le infrastrutture di ricarica sono in netto aumento, con un nuovo record di punti di ricarica installati, che ormai hanno un ritmo superiore ai 300 a settimana: 41.000. Nell’arco di due anni esatti, i punti di ricarica sono raddoppiati. Abbiamo però una certa disomogeneità territoriale: la Lombardia si conferma la Regione con più punti di ricarica (6661), davanti al terzetto costituito da Piemonte (4215), Veneto (4169) e Lazio (4032). Al Nord, il 57% delle stazioni; contro il 22% del Centro e il 21% fra Sud e Isole.
Pertanto, i pericoli sono due. Primo: l’Italia come mercato di Serie B in Europa. Secondo: il Sud ancora più in basso rispetto al resto del Paese. Serve quindi assolutamente investire nel Mezzogiorno, affinché tenga il passo del Vecchio Continente. Infatti, entro il 2030 le Case auto investiranno 1.200 miliardi di euro per l’elettrificazione: già quest’anno un quinto delle auto prodotte in Italia sarà full electric.
Utile allora una pianificazione per una riconversione industriale della filiera automotive e della componentistica, come richiesto da imprese e sindacati, così che il nostro Paese sia un riferimento a livello europeo.
La palla passa al Governo Meloni. Perfino il riciclo delle batterie delle elettriche può essere un business interessante, tale da creare occupazione, anche al Sud. Dopo l’impiego a bordo di auto, furgoni o altri mezzi, gli accumulatori sono chiamati prima a una second life per applicazioni stazionarie pubbliche o private, ci spiega Motus-E. Per poi venire avviati al riciclo per recuperare tutti i preziosi materiali che li compongono. In soldoni, i ricavi di questa attività si attesteranno tra i 400 e i 600 milioni di euro, con una prospettiva di aumento al crescere del parco elettrico.
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